Il vino non è innocente: salute, marketing e realtà ignorate 

In Italia il vino è cultura, economia, orgoglio nazionale. Ma è anche alcol. E l’alcol, lo dicono i dati scientifici, è una delle sostanze più dannose per la salute umana. Non è una novità, ma resta tuttavia ancora un tabù. Il vino viene protetto da un alone di rispetto che lo sottrae al giudizio critico che invece colpisce – giustamente – altre sostanze. 

Il problema non è il gusto, né la tradizione, ma l’effetto che produce sull’organismo, anche in quantità moderate. Per troppo tempo si è fatto finta che bastasse bere “con responsabilità” per annullare i rischi. Oggi sappiamo che non è così. 

L’alcol è una droga, anche se ha un buon profumo 

L’etanolo, principio attivo dell’alcol, è una sostanza psicoattiva che agisce sul cervello, provoca dipendenza, modifica il comportamento e danneggia gli organi. L’OMS lo considera una droga a tutti gli effetti, al pari di nicotina e oppiacei, con l’aggravante che è legale, accessibile e socialmente incoraggiata. 

Il concetto di “uso responsabile” è stato uno strumento efficace per legittimare il consumo quotidiano, soprattutto attraverso il vino, che gode di una reputazione culturalmente intoccabile. Ma la scienza è chiara: l’alcol non è meno pericoloso solo perché viene da una cantina premiata o da un vigneto biologico. L’effetto sul corpo umano resta lo stesso. 

Il vino non protegge: aumenta il rischio 

Per anni si è diffusa l’idea che un bicchiere di vino rosso al giorno potesse fare bene al cuore. È una semplificazione fuorviante, basata su studi datati e interpretati in modo interessato. Oggi le evidenze sono più solide: anche quantità modeste di alcol aumentano il rischio di malattie cardiovascolari, metaboliche e soprattutto oncologiche. 

L’alcol è responsabile di circa il 7% di tutti i tumori diagnosticati in Europa. È cancerogeno di classe 1, cioè esistono prove certe del suo ruolo nell’insorgenza di diversi tipi di cancro: bocca, gola, esofago, colon, fegato, pancreas. Il vino, che contiene alcol etilico come qualsiasi altra bevanda alcolica, contribuisce direttamente a questi numeri. 

Il caso del tumore al seno è particolarmente emblematico: in Italia, tra il 5% e l’11% dei nuovi casi è collegato al consumo di alcol. Una correlazione diretta e sottovalutata, anche nei messaggi ufficiali sulla prevenzione. Il vino non fa eccezione. Un bicchiere al giorno è comunque un bicchiere di troppo. 

Effetti tossici e sistemici 

Quando ingeriamo alcol, il corpo lo metabolizza trasformandolo in acetaldeide, una sostanza altamente tossica che danneggia DNA, tessuti e organi. Il primo punto d’impatto sono le mucose gastrointestinali, dove può favorire lo sviluppo di cellule tumorali. Nel fegato causa infiammazione cronica e, a lungo termine, cirrosi e cancro. 

Nel colon, interferisce con l’assorbimento dei folati, molecole che proteggono dalle mutazioni genetiche. Inoltre, altera il sistema endocrino: aumenta gli ormoni sessuali e favorisce la crescita di tumori ormono-dipendenti come seno, ovaio e prostata. 

C’è anche un legame indiretto: l’alcol favorisce l’aumento di peso, e l’obesità è un altro fattore di rischio oncologico. Tutti questi effetti sono cumulativi: non si annullano con il “bere bene”. 

Il calo dei consumi: cambiamento o disaffezione? 

Negli ultimi trent’anni, il consumo di vino in Italia è sceso del 21%. I rossi hanno perso terreno più velocemente: -18% tra il 2019 e il 2024. Non si tratta solo di mode, ma di segnali concreti. 

Le ragioni sono molte: 

  • cresce la consapevolezza sui rischi dell’alcol; 
  • le temperature più alte orientano verso bevande fresche e meno impegnative; 
  • quasi la metà delle famiglie italiane ha visto ridursi il proprio potere d’acquisto; 
  • le sanzioni per guida in stato di ebbrezza hanno abbassato la soglia di tolleranza. 

La narrazione tradizionale del vino come “necessità culturale” comincia a incrinarsi. I dati dicono che si beve meno, e forse anche con meno leggerezza. 

Le incertezze globali aggravano la situazione 

Oltre alla flessione interna, il settore vitivinicolo italiano è colpito dalle tensioni internazionali. Gli Stati Uniti sono il principale sbocco per l’export, con quasi 2 miliardi di euro di vendite nel 2024. 

Ma il contesto è fragile: l’annuncio di nuove tariffe doganali da parte della Casa Bianca ha spinto molti importatori a bloccare gli ordini. Le aziende italiane, già sotto pressione, rischiano di perdere fette importanti di mercato. 

La questione non è solo economica: è anche politica. Il vino, da prodotto identitario, è diventato oggetto di contese commerciali e alleanze traballanti. 

Serve una comunicazione più onesta 

Mentre il marketing continua a vendere il vino come simbolo di piacere e autenticità, i dati scientifici raccontano un’altra storia. Nessun messaggio di prevenzione può essere credibile se non include anche il vino tra le sostanze da limitare. 

Smettere di bere – o anche solo ridurre – non è un gesto radicale. È una scelta informata. E dovrebbe essere sostenuta da politiche sanitarie coerenti, etichette più chiare e una comunicazione che non minimizzi i rischi. 

La cultura del vino non va distrutta, ma ripensata. A partire da una domanda semplice: è ancora accettabile ignorare ciò che sappiamo? 

Fonti:  

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