Come il cervello impara a provare paura 

Che cos’è un’emozione “inferita”? Non è semplice paura condizionata da uno stimolo doloroso, ma la capacità di collegare uno stimolo nuovo a un’esperienza negativa indiretta. Pensate a un bambino che osserva un nido di vespe e poi viene punto. Il nido – che non c’era al momento del morso – diventa repentinamente un segnale di pericolo. Il fenomeno è noto come “paura per inferenza” ed è diverso dal classico condizionamento: il cervello crea un modello interiore del pericolo. 

La nuova frontiera della paura  

Lo studio di Gu e Johansen, pubblicato su Nature il 14 maggio 2025, ha compiuto ciò che fino ad ora era speculazione teorica: mostrare che anche i roditori possono apprendere la paura per inferenza. Utilizzando dei ratti come modelli sperimentali, i ricercatori hanno generato un’associazione tra un suono e un’immagine neutra e successivamente hanno condizionato solamente l’immagine. Il giorno seguente, il suono da solo è bastato a suscitare una risposta di paura, segno che il cervello del ratto ha effettuato un’inferenza: quel suono potrebbe precedere qualcosa di spiacevole. 

La corteccia prefrontale mediale (mPFC): il cervello pensa, non subisce 

Per capire dove avviene questo processo, i ricercatori hanno puntato sulla mPFC, un’area coinvolta nel pensiero complesso, regolazione emotiva e decisioni astratte. Usando calcium imaging (per misurare l’attività neuronale) e optogenetica (per attivare o spegnere specifici neuroni), hanno osservato che dopo il condizionamento, molti neuroni nella mPFC rispondevano sia al suono sia all’immagine, ma solo se gli stimoli erano stati associati precedentemente. 

In sintesi: inizialmente i neuroni mPFC reagivano in modo simile a entrambi gli stimoli, ma il condizionamento “li ha etichettati”, rendendoli pronti a scattare anche al solo suono. Se si blocca l’attività in mPFC durante l’apprendimento, la capacità di inferire svanisce; se si blocca il collegamento mPFC→amigdala durante il test, i ratti non reagiscono al suono, pur avendo appreso il trauma. 

Differenze tra paura vissuta e inferita 

In molte decadi di ricerca, l’amigdala è stata riconosciuta come la centrale della paura vissuta — un segnale immediato tra dolore e memoria emotiva. Ma lo studio di Gu & Johansen offre un nuovo sguardo: mentre la paura diretta si immagazzina nell’amigdala, la paura inferita richiede una rete mPFC→amigdala come ponte tra pensiero e sentimento. 

Il cervello come architetto di modelli interni 

Questo lavoro si inserisce in una tradizione neuroscientifica che indaga come il cervello crei modelli interni predittivi: nel movimento, nelle decisioni e adesso anche nelle emozioni. Qui la mPFC non memorizza solo dati sensoriali, ma definisce ciò che è significativo, anticipa possibili pericoli e attiva la mente emotiva tramite l’amigdala. 

Implicazioni per la salute mentale 

Capire come funzionano le emozioni inferite è cruciale nel contesto di ansia, trauma e fobie: spesso si ha paura senza aver subito direttamente il trauma, ma solo per associazioni indirette. Se la mPFC è responsabile di questa inferenza, modulare questa rete potrebbe diventare una strategia terapeutica innovativa. 

Ad esempio, disturbi post-traumatici derivano da connessioni mentali che il cervello ha costruito: intervenire sui neuroni mPFC o sulle loro connessioni con l’amigdala potrebbe aiutare a “resettare” memorie emotive disturbanti. 

Un modello a più livelli: esperimenti e neuroni 

  • Fase 1 (pre-condizionamento): i ratti ascoltano un suono e vedono un’immagine (non spiacevole) più volte, creando una connessione tra suono e immagine. 
  • Fase 2 (condizionamento): l’immagine viene associata a uno shock. 
  • Fase 3 (test): il suono da solo induce paura. 

Registrazioni di calcium imaging mostrano che: 

  1. Prima: pochi neuroni mPFC rispondono a stimoli misti. 
  2. Dopo: aumenta la popolazione di neuroni co-responsive a suono+immagine. 
  3. Blocco optogenetico della mPFC impedisce l’inferenza, e un blocco delle uscite verso l’amigdala impedisce la risposta emotiva, lasciando intatta la memoria diretta.  

      Spunti filosofici: emozione, memoria e autocoscienza 

      Questa ricerca conferma che il cervello non si limita a reagire immediatamente, ma deduce, inventa scenari e confronta dati passati col presente. È uno scorcio nei meandri della coscienza in azione. Pensatori come Kant o Heidegger hanno discusso il ruolo del tempo e dell’intenzionalità nel nostro fare esperienza: qui si vede un ponte tra struttura cerebrale e processo mentale. 

      Cosa ci dice sul futuro della ricerca 

      1. Verso modelli computazionali integrati 
        Si possono costruire modelli digitali (come ConFER – Context-Dependent Fear Extinction Recall) che simulano come cervello integra paura diretta e inferita, suggerendo strategie per ridurre il rischio di ricadute.
      1. Nuove frontiere terapeutiche 
        Optogenetica ed editing genetico restano in fase sperimentale, ma un giorno si potranno pensare interventi mirati sulle connessioni mPFC→amigdala non tanto per cancellare memorie, quanto per ridurre le loro associazioni patologiche. 
      1. Un ponte tra neuroscienze, etica e società 
        Sapere come costruiamo artificialmente la paura apre domande fondamentali: come possiamo educare, informare, gestire l’ansia collettiva in modo responsabile? Se capiamo i meccanismi, possiamo insegnare resilienza mentale e prevenire condizionamenti emozionali indebitamente sfruttati. 

      Conclusione 

      Lo studio di Gu & Johansen (2025) rappresenta una vera svolta: dimostra che la paura può essere pensata (in relazione, proiezione, associazione), non solo vissuta. Il cervello crea strutture interne che permettono di inferire pericoli, e queste hanno basi neurali precise nella mPFC e nella sua connessione con l’amigdala. 

      Non si tratta di una scoperta astratta, ma di un ponte verso la cura dei disturbi mentali, verso un’etica della paura e un’educazione emotiva più consapevole. Quel che resta è tradurre queste scoperte in strumenti concreti: farmaci, terapie, ma anche pedagogia emotiva. Perché ogni grande cambiamento del pensiero inizia da una nuova connessione… mentale ed emotiva. 

      Fonte Principale: Prefrontal encoding of an internal model for emotional inference | Nature 

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